R. - La situazione, dal punto di vista politico, si è cristallizzata: il confronto non è più tanto fra riformisti e conservatori, quanto una lotta tra Ahmadinejad e una parte dei conservatori che allora contribuirono alla sua rielezione, ma che oggi sono contro di lui sulla politica economica e la politica internazionale. Da un punto di vista della repressione, la situazione - probabilmente - è ancora peggiore, ed anche il movimento di protesta fatica a trovare degli strumenti nuovi.
D. - Ahmadinejad oggi è più forte o più debole di due anni fa?
R. - E’ più debole anche per una serie di fattori fisiologici: tra due anni ci saranno di nuovo le elezioni presidenziali e Ahmadinejad non potrà ricandidarsi. Al di là di questo, ha dovuto affrontare una serie di controversie che gli hanno inimicato una buona parte del fronte conservatore. E’ un personaggio che - forse - si avvia ad uscire dalla scena.
D. - Che effetti può avere la "primavera araba" sulle ambizioni internazionali di Teheran e sulla tenuta del governo degli Ayatollah?
R. - Probabilmente, tutta la "primavera araba" ha preso ispirazione proprio da quell’esempio di grande mobilitazione che c’è stata due anni fa in Iran, ma con un contesto decisamente diverso: quelle arabe molto spesso sono autocrazie, mentre quello dell’Iran è un regime molto più complesso, nel quale ci sono anche intere categorie sociali che beneficiano di questo e che non sanno cosa potrebbe accadere se un domani questo regime dovesse cambiare o crollare. Da un punto di vista internazionale, tutto questo cambia un po’ gli equilibri. E’ anche interessante vedere come le dichiarazioni del governo iraniano mutino a seconda che si parli delle rivolte in Siria - che, appunto, sono sempre frutto delle intromissioni dell’Occidente - mentre quando si parla di quelle in Bahrein danno pieno sostegno ai rivoltosi.
D. - In questo contesto, che ruolo può assumere la comunità internazionale?
R. - Per quanto riguarda l’Iran, ha avuto e sta avendo un comportamento un po’ altalenante. E’ chiaro che tutto quello che è successo nel Mediterraneo negli ultimi mesi ha catalizzato l’attenzione della comunità internazionale, ma è anche vero che di Iran ormai non se ne parla più da tantissimo tempo. Io non sono tra quelli che auspicano l’isolamento dei regimi: quando sono più isolati, spesso più la repressione aumenta. Detto questo, è auspicabile che la comunità internazionale ripristini un dialogo sulla democrazia, sul rispetto dei diritti umani e soprattutto su quello che sta avvenendo ad alcuni personaggi: i leader dell’Onda Verde - Moussavi e Karrubi - sono di fatto agli arresti domiciliari da mesi e non si hanno notizie certe di quanto stia avvenendo, né mi sembra che dalla comunità internazionale ci sia stata la giusta attenzione riguardo a questo fatto. (mg)