Il viceministro degli Esteri iraniano Ali Ahani a un convegno organizzato a Roma dall’Ipalmo
Iran e Italia non solo possono ma devono collaborare per risolvere problemi e preoccupazioni comuni. È quanto emerso dalla conferenza 'Repubblica Islamica dell'Iran - Italia: responsabilità comuni e differenze nel mondo in evoluzione', organizzato il 27 ottobre a Roma dall'Ipalmo (Istituto per le relazioni tra l'Italia e i Paesi dell'Africa, America Latina, Medio ed Estremo Oriente). Hanno partecipato il presidente dell’Ipalmo Gianni De Michelis, il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi e il viceministro degli Esteri iraniano Ali Ahani.
De Michelis: “Peccato non aver raccolto intesa turco - brasiliana sul nucleare”
Che il tono e i contenuti del convegno non sarebbero stati banali, lo si è intuito già dall’introduzione del presidente dell’Ipalmo Gianni De Michelis che ha affrontato senza giri di parole la querelle nucleare, giudicando “un errore non aver sfruttato l'iniziativa turco-brasiliana”. Come si ricorderà, a maggio 2010 è stato sottoscritto un accordo tra Iran, Turchia e Brasile, che impegna Teheran a trasferire 1.200 chilogrammi di uranio non arricchito sul suolo turco per ricevere in cambio 120 chilogrammi di uranio arricchito al 20 per cento. La comunità internazionale non raccolse però quella proposta e da allora non si sono fatti passi in avanti.
L’iniziativa turco-brasiliana è stata, secondo De Michelis, “il primo segno del mondo 'post - Pittsburgh' (città Usa sede a settembre 2009 del vertice G-20). Un Paese occidentale come il Brasile e un membro della Nato come la Turchia sono oggi capaci di iniziative come questa. Dobbiamo adeguarci all’evoluzione del mondo e pensare a una governance multilaterale”.
“L’Unione europea – aggiunge- ha sbagliato a non partecipare alla conferenza sul disarmo nucleare svoltasi a Teheran in aprile. Io ci sono stato a titolo personale ed è stata molto utile. Oltretutto, affermava le stesse cose che contemporaneamente diceva Obama a Washington: nucleare civile per tutti, nucleare militare per nessuno”.
Stefania Craxi: “Perché le sanzioni”
Il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi ha spiegato il perché dell’appoggio italiano alle sanzioni all’Iran: “Le riteniamo utili per indurre il governo iraniano a un ripensamento delle proprie posizioni sul nucleare”, aggiungendo che “i segnali provenienti da Teheran non sono sempre di facile interpretazione. Vorrei interpretarli ottimisticamente come segnali di disponibilità al dialogo, ma quest'opportunità rischia col tempo di chiudersi e di lasciare il passo a scenari pericolosi, dai quali nessuno degli attori in gioco avrebbe nulla da guadagnare".
In riferimento al caso Sakineh, Stefania Craxi ha invitato gli organi di sicurezza iraniani a non fare "pressioni indebite sui legali e i familiari" di Sakineh. "La notizia del loro arresto finora né confermata né smentita - ha aggiunto la Craxi - non può non alimentare una legittima preoccupazione a riguardo". La Craxi ha poi auspicato che il dibattito nato in Iran "sull'abolizione dal codice penale di misure crudeli come la lapidazione" raggiunga presto risultati positivi.
In riferimento al caso Sakineh, Stefania Craxi ha invitato gli organi di sicurezza iraniani a non fare "pressioni indebite sui legali e i familiari" di Sakineh. "La notizia del loro arresto finora né confermata né smentita - ha aggiunto la Craxi - non può non alimentare una legittima preoccupazione a riguardo". La Craxi ha poi auspicato che il dibattito nato in Iran "sull'abolizione dal codice penale di misure crudeli come la lapidazione" raggiunga presto risultati positivi.
Ahani: “No a dialogo con Talebani”
Stabilizzazione dell’Afghanistan, sicurezza energetica, lotta al narcotraffico e lotta al terrorismo. Su questi 4 grandi temi si può fondare una collaborazione duratura ed efficace tra Italia e Iran. Ahani propone una “lettura diversa della situazione politica internazionale”, che non può più essere governata da istituzioni che si basano su un passato lontano, ormai superato. Iran e Ue hanno molti problemi in comune e devono trovare soluzioni costruttive attraverso l’interazione”.
In merito all’Afghanistan, il viceministro iraniano sottolinea come l’instabilità sia dovuta alla mancata comprensione della realtà da parte degli Usa. “Dopo 9 anni di occupazione militare, la situazione è ancora più complicata. Aggiungere nuove truppe non farebbe che peggiorare le cose. La mancata ottemperanza degli impegni stabiliti dalla Conferenza di Bonn (novembre 2001, ndr) ha determinato il fallimento dell’approccio internazionale”. In questo senso, il ritiro delle truppe italiane entro il 2014 è giudicato “tardivo ma importante”.
Da Ahani un no deciso alle trattative con i Talebani: "Non si può essere fiduciosi che elementi estremisti riescano a portare stabilità e sicurezza in Afghanistan. Queste forze, per loro natura, se entrassero nel governo cercherebbero di prendere il controllo assoluto, escludendo gli altri gruppi". La comunità internazionale dovrebbe piuttosto puntare sul rafforzamento economico e istituzionale dell’Afghanistan.
L’Iran e il progetto Nabucco
Il viceministro iraniano ha ricordato che il suo Paese è il secondo al mondo per riserve di gas e il terzo per quelle di petrolio. “Il fabbisogno mondiale di greggio salirà dagli 11 miliardi di tonnellate di oggi a 14 miliardi entro il 2020. Se per colpa delle ‘ragnatele della politica’ l’Unione europea escluderà l’Iran dal progetto Nabucco (gasdotto per l’importazione di gas naturale dal Caspio, ndr), non farà altro che aumentare la propria dipendenza energetica”. Ahani non lo dice, ma è chiaro che dietro a queste manovre c’è la Russia, preoccupata di perdere una parte consistente del proprio potere energetico. Lo stesso ragionamento vale per l’oleodotto Pars, che dovrebbe portare petrolio dall’Iran all’Europa attraverso l’Iraq e la Siria: “Escluderci sarebbe un errore gravissimo, soprattutto per voi: noi il gas e il petrolio li vendiamo comunque “.
India e Cina sono infatti i nuovi grandi partner commerciali di Teheran, mentre l’interscambio con l’Italia perde i colpi. Per la preoccupazione delle imprese nostrane e del presidente della Camera di commercio italo iraniana, rappresentata in sala dal Segretario generale Pierluigi D’Agata.
Un’amicizia da custodire. Nonostante Berlusconi
Ahani – rispondendo a una domanda di un giornalista – ritiene che “gli antichi legami di amicizia tra Italia e Iran siano un tesoro da custodire gelosamente”, nonostante alcune dichiarazioni ostili del premier Berlusconi. “L'Iran è un partner sicuro e stabile. Non siamo una minaccia per nessuno, non vogliamo mettere paura a nessuno. Rispettiamo il Trattato di non proliferazione e le nostre attività sono monitorate dall'Agenzia internazionale dell'energia atomica. È ovvio che vogliamo produrre combustibile atomico: la Russia ce lo ha fornito solo per un anno. Possiamo rischiare che non ci vendano combustibile per il reattore di ricerca medica di Teheran? Avremmo bisogno di 20 centrali per il fabbisogno energetico del Paese: perché il combustibile deve essere monopolio di quattro potenze mondiali?”. Le sanzioni, dice Ahani, colpiscono il popolo iraniano, e certo non incoraggiano il dialogo. Ad ogni modo, l'Iran sta valutando dettagli e tempistica" della proposta avanzata dal capo della diplomazia dell'Ue Catherine Ashton, rappresentante del gruppo di mediazione con l'Iran'5+1' (ovvero Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina più laGermania), che ha proposto a Teheran di riprendere il dialogo sulla questione nucleare.
Una conferenza internazionale sul terrorismo
La tragedia dell’11 settembre è stata utilizzata in modo strumentale. Si parla di lotta al terrorismo – prosegue Ahani – ma l’Europa e l’Italia continuano a ospitare i Mojaheddin del Popolo, mascherati sotto nomi diversi. Non è una contraddizione con i principi dell’Ue?’”. L’Iran è una vittima del terrorismo e per questo intende promuovere una conferenza internazionale sul tema, da tenersi a Teheran nel 2011, aperta agli esperti italiani”.
Sul caso Sakineh, Ahani parla di una “sceneggiata anti iraniana creata da un lavoro di lobbying”. “Si tratta di un caso risalente a 6 anni fa. Il procedimento penale è in corso , e non vi e' nessuna sentenza definitiva". Secondo Ahani, la promozione dei diritti umani deve essere un impegno comune, ma deve esserci un rispetto reciproco e non ci devono essere né strumentalizzazioni né doppi standard”.
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