La scomparsa del Grande Ayatollah dissidente mobilita l’opposizione in Iran
“Questo regime finirà con Khamenei”. È la profezia lanciata nel 2008 dal Grande Ayatollah Hossein-Ali Montazeri, scomparso il 19 dicembre all’età di 87 anni. Allievo di Khomeini e suo successore designato nel ruolo di Guida Suprema, Montazeri conosce il carcere e le torture sotto lo scià e partecipa in prima linea alla rivoluzione del 1979. Cade in disgrazia quando critica l’establishment iraniano sulle esecuzioni di massa del 1988. Avrebbe potuto tacere per opportunismo, e invece scrive una lettera a Khomeini in cui denuncia torture, abusi e violenze che tradiscono lo spirito originario della rivoluzione. Quella lettera somiglia tragicamente a quella scritta da Karroubi a Khamenei nell’estate del 2009.
Nel 1997, per aver criticato la Guida Suprema Khamenei, Montazeri finisce agli arresti domiciliari. Mette in dubbio l’infallibilità del rahbar, ipotizza un velayat-e faqih in cui la Guida sia sottoposta al giudizio popolare. In questi anni non ha mai smesso di criticare il sistema iraniano e di chiedere profonde riforme in senso libertario. Va riconosciuto a Montazeri di aver saputo fare anche autocritica, come quando lo scorso novembre disse che l’occupazione dell’ambasciata americana del 4 novembre 1979 fu un errore.
Dopo il voto del 12 giugno non si era risparmiato nel sostenere le proteste dell’Onda Verde e aveva emesso una fatwa contro Ahmadinejad. A luglio, dopo la repressione delle commemorazioni di Neda, era arrivato a sostenere che l’Iran non era più né una repubblica né islamica. Di questo bisognerà sempre ricordarlo
La notizia della sua morte, taciuta per ore dalla tv di Stato e invisibile sui principali siti filo governativi, è l’ennesima tappa di una crisi lunghissima. Per i suoi funerali si sono mobilitati i principali esponenti politici dell’area riformista e l’intera giornata è diventata una grande mobilitazione anti governativa. Khamenei ha commentato laconicamente “che Dio lo perdoni”, a confermare una condanna anche post mortem. Perché Montazeri è stato una spina nel fianco di questa sistema da vivo e potrebbe esserlo anche da morto. Ai suoi funerali a Qom hanno partecipato centinaia di migliaia di persone (secondo alcuni addirittura un milione di persone). Alla fine della cerimonia si sono registrati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, con diversi arresti. La folla ha scandito slogan quali: “Oggi è il giorno del lutto", "Montazeri non è morto, lo è il governo”.
È la dimostrazione di come questa protesta trovi nell’Islam e in alcune figure religiose, un elemento identitario e di aggregazione. Montazeri rappresenta forse ciò che la rivoluzione sarebbe potuto essere e non è stata. E può essere ancora una figura di riferimento, un modello di pensiero non esterno alla Repubblica islamica ma alternativo all’attuale establishment.
La macchina della repressione si è già messa in moto: Ahmad Qabel, un religioso allievo di Montazeri, è stato arrestato mentre era in viaggio da Mashad a Qom per partecipare ai funerali. Secondo alcuni siti riformisti, sarebbero stati arrestati anche altri attivisti politici quali Mahnaz Mohammadi e Kuhiar Qabel, e Ahmad Nurizad, ex giornalista del quotidiano ultraconservatore 'Kayhan', ultimamente critico nei confronti del governo.
A Teheran l’Onda verde prepara una grande giornata di proteste. Si preannuncia una settimana molto intensa, con le celebrazioni dell’Ashura (27 dicembre) che potrebbero diventare l’occasione per dimostrazioni di massa in tutto il Paese. Montazeri sarebbe fiero del suo popolo.
“Questo regime finirà con Khamenei”. È la profezia lanciata nel 2008 dal Grande Ayatollah Hossein-Ali Montazeri, scomparso il 19 dicembre all’età di 87 anni. Allievo di Khomeini e suo successore designato nel ruolo di Guida Suprema, Montazeri conosce il carcere e le torture sotto lo scià e partecipa in prima linea alla rivoluzione del 1979. Cade in disgrazia quando critica l’establishment iraniano sulle esecuzioni di massa del 1988. Avrebbe potuto tacere per opportunismo, e invece scrive una lettera a Khomeini in cui denuncia torture, abusi e violenze che tradiscono lo spirito originario della rivoluzione. Quella lettera somiglia tragicamente a quella scritta da Karroubi a Khamenei nell’estate del 2009.
Nel 1997, per aver criticato la Guida Suprema Khamenei, Montazeri finisce agli arresti domiciliari. Mette in dubbio l’infallibilità del rahbar, ipotizza un velayat-e faqih in cui la Guida sia sottoposta al giudizio popolare. In questi anni non ha mai smesso di criticare il sistema iraniano e di chiedere profonde riforme in senso libertario. Va riconosciuto a Montazeri di aver saputo fare anche autocritica, come quando lo scorso novembre disse che l’occupazione dell’ambasciata americana del 4 novembre 1979 fu un errore.
Dopo il voto del 12 giugno non si era risparmiato nel sostenere le proteste dell’Onda Verde e aveva emesso una fatwa contro Ahmadinejad. A luglio, dopo la repressione delle commemorazioni di Neda, era arrivato a sostenere che l’Iran non era più né una repubblica né islamica. Di questo bisognerà sempre ricordarlo
La notizia della sua morte, taciuta per ore dalla tv di Stato e invisibile sui principali siti filo governativi, è l’ennesima tappa di una crisi lunghissima. Per i suoi funerali si sono mobilitati i principali esponenti politici dell’area riformista e l’intera giornata è diventata una grande mobilitazione anti governativa. Khamenei ha commentato laconicamente “che Dio lo perdoni”, a confermare una condanna anche post mortem. Perché Montazeri è stato una spina nel fianco di questa sistema da vivo e potrebbe esserlo anche da morto. Ai suoi funerali a Qom hanno partecipato centinaia di migliaia di persone (secondo alcuni addirittura un milione di persone). Alla fine della cerimonia si sono registrati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, con diversi arresti. La folla ha scandito slogan quali: “Oggi è il giorno del lutto", "Montazeri non è morto, lo è il governo”.
È la dimostrazione di come questa protesta trovi nell’Islam e in alcune figure religiose, un elemento identitario e di aggregazione. Montazeri rappresenta forse ciò che la rivoluzione sarebbe potuto essere e non è stata. E può essere ancora una figura di riferimento, un modello di pensiero non esterno alla Repubblica islamica ma alternativo all’attuale establishment.
La macchina della repressione si è già messa in moto: Ahmad Qabel, un religioso allievo di Montazeri, è stato arrestato mentre era in viaggio da Mashad a Qom per partecipare ai funerali. Secondo alcuni siti riformisti, sarebbero stati arrestati anche altri attivisti politici quali Mahnaz Mohammadi e Kuhiar Qabel, e Ahmad Nurizad, ex giornalista del quotidiano ultraconservatore 'Kayhan', ultimamente critico nei confronti del governo.
A Teheran l’Onda verde prepara una grande giornata di proteste. Si preannuncia una settimana molto intensa, con le celebrazioni dell’Ashura (27 dicembre) che potrebbero diventare l’occasione per dimostrazioni di massa in tutto il Paese. Montazeri sarebbe fiero del suo popolo.
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