venerdì 30 ottobre 2009

Il signor boh


L’Iran accetta di collaborare sulla questione nucleare, ma i dettagli della riposta all’Aiea sono ancora poco chiari

È un sì o un no? O un forse? Sui giornali di tutto il mondo impazza la discussione sulla risposta iraniana alla proposta Aiea sull'arricchimento dell'uranio. Secondo il New York Times si tratterebbe di un sostanziale rifiuto, visto che manca la disponibilità a trasferire all’estero la maggior parte delle riserve di uranio. Analisi che contrasta con i giudizi positivi espressi da molti dopo il discorso tenuto il 29 ottobre da Ahmadinejad nella città di Mashad. Il presidente iraniano si era detto pronto a collaborare con l’Occidente, pur non volendo arretrare di “uno iota” sui suoi diritti nucleari. La risposta consegnata all’Aiea dal rappresentante iraniano all'Agenzia internazionale per l'energia atomica Ali-Asghar Soltanieh è sì favorevole ma contiene chiede "importanti emendamenti tecnici ed economici". Di cosa si tratti non è chiaro. Secondo il quotidiano conservatore Javan (filo pasdaran), l’Iran vorrebbe un trasferimento graduale delle proprie scorte di uranio in Russia e non in un’unica soluzione. Il segretario di Stato Usa Hillary Clinton dichiara di aspettare “ancora una risposta definitiva da Teheran”.
Il dato politico è comunque l’intenzione di Ahmadinejad di arrivare a un accordo. Il suo discorso a Mashad potrebbe essere letto come il tentativo di forzare la situazione e accelerare i tempi. Ha bisogno di un successo per recuperare legittimità a livello internazionale dopo i brogli elettorali di giugno, ma soprattutto per vincere il confronto interno sia con i riformisti sia con Khamenei. Non dobbiamo dimenticare che secondo la Costituzione iraniana la politica estera è una delle prerogative della Guida suprema.


Da notare come il leader riformista Mousavi abbia criticato duramente le trattative in corso. "I colloqui di Ginevra - ha detto - sono stati veramente sorprendenti e se verrà realizzato quanto promesso all'Occidente allora il duro lavoro svolto da migliaia di scienziati andrà perso. Se non siamo in grado di mantenere le promesse allora dobbiamo prepararci a un inasprimento delle sanzioni contro il nostro Paese". Segno evidente che la questione nucleare è terreno di scontro interno alla Repubblica islamica. Si preannunciano altri giorni caldi: il 4 novembre saranno 30 anni dall’occupazione dell’ambasciata americana che determinò la rottura delle relazioni diplomatiche tra Iran e Usa. Questa ricorrenza potrebbe trasformarsi in una nuova occasione di mobilitazione per l’onda verde, proprio come accaduto a settembre per la Giornata per Qods.

mercoledì 28 ottobre 2009

Ancora 48 ore

L’Iran prende di nuovo tempo sulla questione nucleare. Dietro al rinvio, la sfida tra Ahmadinejad e Khamenei

Proprio come il titolo del film di Walter Hill con Eddie Murphy e Nick Nolte: l’Iran prende ancora tempo per dare una risposta definitiva alla proposta di accordo sull'uranio arricchito messa a punto il 19 ottobre a Vienna, oltre che dall'Iran, da Russia, Stati Uniti e Francia sotto l’egida dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica). Teheran vorrebbe però “modifiche importanti”.

La proposta richiede all’Iran di inviare il 75 per cento delle sue scorte di uranio a basso arricchimento (1,2 tonnellate sul totale di 1,5 tonnellate) in Russia entro la fine dell’anno. La Russia provvederebbe ad arricchire l’uranio di un 20 per cento e ad inviarlo in Francia per convertirlo in combustibile da utilizzare nel reattore di Teheran.

In cosa consisterebbero le “importanti modifiche” richieste dall’Iran, non è chiaro. Anche perché non ci sono state vere dichiarazioni ufficiali, ma soltanto notizie riportate dalla televisione iraniana.

Sembra però evidente che questo temporeggiamento rifletta ancora una volta le divisioni all’interno del potere iraniano. Più in particolare, sarebbe la Guida suprema Khamenei – attraverso le dichiarazioni di suoi fedelissimi quali il presidente del Parlamento Ali Larijani – a frenare sulla trattativa diretta con gli Usa, mettendo in difficoltà Ahmadinejad, che appare invece più propenso al raggiungimento di un accordo.

Sembra di assistere, mutatis mutandis, al braccio di ferro tra Khomeini e l’allora presidente Bani Sadr durante l’infinita questione degli ostaggi dell’ambasciata americana (4 novembre 1979 – 20 gennaio 1981). Ogni volta che Bani Sadr si avvicinava a una soluzione, Khomeini poneva ostacoli. Fino alla completa delegittimazione del presidente, che infatti pochi mesi dopo fu addirittura costretto alla fuga.

Anche ora Khamenei punta a riaffermare la propria supremazia in politica estera, come stabilito dalla Costituzione iraniana. Per Ahmadinejad un accordo non sarebbe soltanto un successo in campo internazionale, ma anche l’affermazione di essere in grado di andare – se non proprio “contro” – per lo meno “oltre” il volere della Guida suprema. Il che sarebbe una svolta enorme nella storia della Repubblica Islamica.

sabato 24 ottobre 2009

Giro di boa

A 4 mesi dalla proclamazione del vincitore delle elezioni presidenziali, che cosa e' cambiato in Iran? E come ha reagito l'establishment all'onda verde? Cosa si nasconde dietro l'attentato del 18 ottobre che ha colpito duramente i potentissimi Pasdaran? Quali i rapporti fra la minoranza sunnita e la maggioranza sciita?
Annalisa ed Alessandra ne parlano con Farian Sabahi docente all'Universita' di Torino, nonche' giornalista professionista, impegnata in questioni islamiche su diverse testate ed autrice di numerosi saggi; e con Antonello Sacchetti, giornalista, fondatore e direttore della rivista telematica Il cassetto-L’informazione che rimane, autore di Iran. La resa dei conti.

Ascolta la trasmissione:
http://www.archive.org/download/GDB20091022/GDB20091022.mp3

lunedì 19 ottobre 2009

Video della presentazione





Attentato nel Belucistan, le verità nascoste


È impossibile accertare una responsabilità diretta di Usa e Gran Bretagna nel tremendo attentato che ha fatto strage di pasdaran nel Belucistan iraniano, ma è innegabile che Jundullah e gli altri gruppi armati sunniti abbiano ricevuto negli ultimi anni il sostegno economico e politico di Pakistan, americani e inglesi. Ricordiamo che il sostegno alle rivendicazioni delle minoranze etniche è stato persino teorizzato dal Dipartimento di Stato Usa in epoca Bush. Il cosiddetto “impazzimento della maionese iraniana” era visto come uno dei mezzi con cui arrivare a un regime change a Teheran.


Ora è chiaro che con Obama le cose sono cambiate o stanno per cambiare, ma il controllo di gruppi come Jundullah non è mai così diretto e non si può nemmeno escludere che dentro la CIA esistano elementi che – più o meno apertamente – remino contro il nuovo corso della “mano tesa”.


Non sono perciò campate in aria le accuse di Ahmadinejad. Ricordiamo che già in passato in Belucistan e in altre regioni iraniane ci sono stati attentati come questo, soltanto che i media occidentali non ne hanno parlato. Con i pasdaran è stato colpito il blocco politico emergente, impegnato ormai da anni in un espansionismo economico che sta ridisegnando la mappa del potere iraniano. In questo momento, la strage di pasdaran è un ulteriore elemento di crisi in un contesto di per sé instabile e poco chiaro.

martedì 13 ottobre 2009

Presentazione a Roma

BIBLIOTECA RISPOLI E INFINITO EDIZIONI
vi invitano alla presentazione del nuovo libro di
ANTONELLO SACCHETTI
IRAN
La resa dei conti
Roma
giovedì 15 ottobre ore 19.00
Biblioteca Rispoli Piazza Grazioli, 4

Intervengono, con l’Autore,Daniela de Robert giornalista
e Riccardo Noury Amnesty International

Che cosa è accaduto in Iran dalle elezioni del 12 giugno a oggi? La crisi in Iran dell’estate 2009 non è solo elettorale. È la crisi di un regime, di un sistema di valori, dei suoi protagonisti.
Esattamente trent’anni dopo la rivoluzione e venti dopo la morte di Khomeini, le diverse forze politiche e sociali dell’Iran sono entrate in rotta di collisione. È perciò sbagliato ridurre la crisi post-elettorale a uno scontro tra potentati politici in cui i cittadini vengono usati come pedine. Le proteste di piazza sono fenomeni autentici e rappresentativi di una società che è cresciuta a una velocità maggiore rispetto alla politica.
Il risultato di questa combinazione di fattori è una “tempesta perfetta” inattesa e dirompente, che si è abbattuta sull’establishment politico iraniano e ha costretto il mondo intero a guardare questo Paese con occhi nuovi. Questo libro, scritto da uno dei principali esperti italiani, vuole raccontare cosa è accaduto e ipotizzare che cosa sarà l’Iran di domani.
Che cosa nascerà da questi mesi di manifestazioni e dura repressione è difficile dirlo. Ma dopo aver letto Iran. La resa dei conti forse avremo imparato anche noi a “non sottovalutare mai l’Iran”, come scrive Sacchetti, e a non escludere che si possa arrivare a una via iraniana alla democrazia (dalla prefazione di Daniela de Robert).

Per scaricare la scheda del libro e la prefazione di Daniela De Robert:http://www.infinitoedizioni.it/prodotto.php?tid=71#

L’autore
Antonello Sacchetti è nato a Roma nel 1971. Giornalista, è fondatore e direttore responsabile della rivista telematica Il cassetto-L’informazione che rimane (http://www.ilcassetto.it). In passato ha lavorato per le sezioni italiane di Amnesty International e Save the Children Italia e come redattore in diverse testate. Ha scritto per Infinito edizioni i saggi I ragazzi di Teheran (2006) e Misteri persiani (2008).

giovedì 8 ottobre 2009

Hafez


A Cana farà pure ritorno Giuseppe smarrito,
tu non t’angustiare.
Sarà un giorno la camera ardente un roseto,
tu non t’angustiare.
S’allevierà, il male, sul cuore che ha tanto sofferto, tu non disperare,
si farà questo capo sconvolto di nuovo sereno,
tu non t’angustiare.
A noi non fu il volger di sorte per due giorni gradito, però i tempi non son sempre uguali,
tu non t’angustiare.
Si farà primavera di vita, di nuovo sul trono del prato, ti farà ombra una rosa, usignolo canoro,
tu non t’angustiare.
Travolga, cuore, il diluvio del nulla, i pilastri all’esistere nostro, stringe in pugno il timone Noè nel Diluvio,
tu non t’angustiare.
Non perdere, bada, speranza, poiché non conosci il mistero celato:
dietro al velo son giochi nascosti,
tu non t’angustiare.
(Hafez, Canzoniere)

Illusione verde


Non ce la facevo, non ce la facevo più.
Il rumore dei passi si alzava dal rifiuto della strada
E la mia disperazione era divenuta più grande
Della pazienza del mio spirito
E quella primavera,
E quell’illusione color verde
Che passò per lo spiraglio, diceva al mio cuore:
«Guarda, tu non hai mai progredito, tu sei affondata».
(Forugh Farrokhzad, Illusione verde)

lunedì 5 ottobre 2009

venerdì 2 ottobre 2009

Ginevra, Teheran



Diciamolo subito chiaramente: il 1° ottobre 2009 potrebbe essere ricordato in futuro come l’inizio di una nuova era nella storia delle relazioni tra Usa e Iran. Probabilmente i media occidentali sottovalutano l’importanza del risultato dei colloqui di Ginevra tra Teheran e gruppo dei “5+1” (Consiglio di sicurezza Onu + Germania). Teheran accetta le ispezioni nucleari e ha invitato l’Aiea a visitare entro un paio di settimane gli impianti di Qom. Soprattutto, la Repubblica islamica ha proposto un progetto per l’arricchimento esterno dell’uranio necessario al funzionamento di un impianto nucleare medico a Teheran. Come suggeriscono diversi quotidiani statunitensi, la maggior parte dell’uranio iraniano potrebbe essere arricchito in Russia. In questo modo, secondo il vicesegretario di Stato Usa William Burns, “gran parte del materiale fissile iraniano sarebbe neutralizzato e reso inadatto ad applicazioni militari”. È stato fissato al 18 ottobre un nuovo vertice che dovrebbe produrre un accordo quadro. C’è lo spazio, cioè, per un accordo più ampio, che includa anche “tematiche globali”. Cosa cerchi Teheran è noto: il riconoscimento del proprio ruolo nell’area e la garanzia che Washington rinunci a progetti di regime change. Obama si è detto moderatamente soddisfatto, ma quanto avviato a marzo con l’ormai celebre messaggio video è giunto oggi a una tappa molto importante.


Le conseguenze sulla situazione politica interna

Tutto questo ha un’inevitabile ricaduta sulla situazione politica interna dell’Iran. Innanzitutto, la questione nucleare sta funzionando da ottimo diversivo rispetto ai problemi politici interni, che rimangono tutti aperti. La stampa internazionale non parla quasi più del dissenso e della repressione politica e persino i media iraniani d’opposizione sono in questi giorni molto cauti nel valutare la posizione di Teheran sul nucleare. Gli iraniani sono un popolo nazionalista, orgoglioso del progresso scientifico raggiunto. L'Iran è circondato da potenze atomiche e la situazione attuale riguardo all'uranio dà una sponda a Mahmud Ahmadinejad, che può presentarsi come uno presidente che ha a cuore gli interessi del suo paese. Non bisogna nemmeno dimenticare che tutti e quattro i candidati alle ultime presidenziali erano favorevoli al programma nucleare, seppure con sfumature diverse.


Le manifestazioni a Teheran

Secondo l'agenzia di stampa Mehr, il Capo della polizia iraniana Moqaddam ha emesso il 30 settembre un mandato di arresto per dieci agenti di polizia coinvolti nei casi di abusi e violenze sui detenuti nella famigerata prigione di Kahrizak. Un’azione tardiva e insufficiente ma che comunque indica come una parte dell’establishment desideri una riconciliazione nazionale. Le manifestazioni dell’ultimo venerdì di Ramadan hanno dimostrato che l’opposizione non è affatto sparita. Mousavi ha parlato dell’onda verde come di un “bambino piccolo che ha imparato a camminare incredibilmente in fretta”. Le manifestazioni studentesche di lunedì 28 settembre ne sono un esempio. Ahmadinejad ha dovuto cambiare in fretta il suo programma e rinunciare alla visita all’università di Teheran, mentre il ministro della Scienza, ricerca e tecnologia Kamran Daneshjoo (il cui cognome in persiano vuol dire “studente universitario”) ha tenuto un discorso in un’aula pressoché deserta.


Progetti e teorie

Una testata tedesca aveva parlato nei giorni scorsi del progetto di una parte dell’establishment per destituire Ahmadinejad con il sindaco di Teheran Qalibaf, conservatore molto vicino alla Guida suprema Khamenei. Sembra quasi fantapolitica: come destituire il presidente? Dietro questa ipotesi c’è un possibile scandalo politico-economico. Secondo il quotidiano on line Etemaad.ir, starebbe per partire un’inchiesta su un buco di 300 milioni di dollari nei bilanci del comune della capitale quando sindaco era l’attuale presidente. Qualcuno parla di un riavvicinamento tra Khamenei e Rafsanjani. Quest’ultimo, nelle ultime due settimane ha avuto un comportamento piuttosto misterioso, non presenziando alla dichiarazione finale con cui l’Assemblea degli Esperti (organo da lui presieduto) confermava pieno appoggio alla Guida suprema. Tanto che l’ex candidato riformista Karroubi agli ha chiesto in una lettera “Sei con noi o contro di noi?”. L’ayatollah dissidente Montazeri è tornato nuovamente a farsi sentire: "Non è possibile continuare a governare ricorrendo alla forza, all'intimidazione e con uno stato ormai militarizzato".


I pasdaran fanno shopping

Sono riprese a circolare voci sulla precarietà della salute di Khamenei. Una sua uscita di scena aprirebbe un vuoto di potere che i pasdaran sono quanto mai intenzionati ad occupare. Una dimostrazione dell’espansionismo economico del gruppo di potere che fa capo ad Ahmadinejad è stato l’acquisto – attraverso tre gruppi finanziari - del 51 per cento dell’azienda nazionale delle telecomunicazioni (Mokhaberat). Un’operazione da 8 miliardi dollari. Sembra però che ci siano problemi a saldare la prima rata del pagamento. L’Iran – soprattutto se l’accordo con gli Usa si concretizzerà – è un Paese dalle potenzialità economiche enormi. E per il controllo di queste opportunità la lotta è appena cominciata.