lunedì 28 dicembre 2009

Piovono pietre


Un’Intifada iraniana? La ricorrenza religiosa di Ashura si trasforma in una grande mobilitazione contro il sistema. E stavolta i manifestanti passano all’attacco


Che sarebbe stato un giorno particolare lo sapevano tutti, ma pochi, appena qualche settimana fa, avrebbero immaginato una Ashura così. Il 27 dicembre 2009 (6 dey del calendario persiano) sarà ricordato come uno dei giorni più drammatici e significativi della crisi politica iniziata all’indomani delle elezioni del 12 giugno. Negli scontri tra polizia e manifestanti si sono registrati almeno 10 i morti. Tra loro, anche Seyyed Ali Mousavi, ingegnere 35enne nipote di Mir Hossein, candidato sconfitto alle presidenziali e leader dell’Onda verde. Gli arrestati sarebbero oltre 300. In questi mesi le giornate di mobilitazione e di lotta non sono state poche: ricordiamo le manifestazioni e gli scontri del 7 dicembre (Giornata dello studente), del 4 novembre (anniversario della presa dell’ambasciata Usa) e del 18 settembre (Giornata di Qods). Ma questa volta c’è un salto di qualità evidente: i manifestanti hanno reagito, sono passati al contrattacco. A Teheran sono stati assaltate diverse stazioni di polizia, in più punti della città i militari hanno dovuto ripiegare sotto sassaiole fitte e improvvise. Lo testimoniano i racconti e ancora di più le immagini su Youtube e Facebook.


Per gli sciiti, Ashura ricorda il martirio dell’imam Hossein a Kerbala nel 680. E’ il sacrificio di un uomo giusto che sceglie di morire in uno scontro impari (72 contro migliaia) piuttosto che accettare un compromesso con un tiranno. “Ashura è sempre, Kerbala è ovunque”, sosteneva Khomeini citando il filosofo Ali Shariati. Lo sciismo è “rifiuto dell'inautentico, radicalismo del no, lotta contro l'ingiustizia”.


Le grandi manifestazioni dell’Ashura del 1978 rappresentarono la spallata decisiva al regime dello Scià. Stavolta qualcuno parla dell’inizio di una “Intifada iraniana”, paragonando queste dimostrazioni alla “guerra delle pietre” scatenata dai palestinesi contro gli occupanti israeliani nel 1987. Di certo, la situazione iraniana sta assumendo tratti sempre più drammatici.


Già dalla scorsa estate,questa giornata era attesa come momento di grande mobilitazione. La ricorrenza è coincisa poi con la commemorazione dell’Ayatollah dissidente Montazeri, scomparso una settimana fa. La Guida suprema Khamenei ha scelto ancora una volta la linea dura: nei giorni scorsi i basiji si sono resi colpevoli di atti tanto gravi quanto controproducenti. A Esfahan, per esempio, prima hanno picchiato delle persone inermi che in una moschea partecipavano a una cerimonia funebre per Montazeri e poi hanno persino cercato di aggredire l’Ayatollah Seyyed Jalaleddin Taheri, che aveva organizzato quella cerimonia. Non c’è perciò da stupirsi se i manifestanti usino slogan religiosi contro un regime che sembra non avere più nulla di islamico.


Gli slogan dell’opposizione sono oggi tutti contro Khamenei e il suo ruolo di Guida suprema. Ahmadinejad, da nemico numero uno, è divenuto un bersaglio secondario. In gioco non sembrano esserci più le elezioni, ma la natura stessa del sistema politico. “Montazeri non è morto, il velayat-e faqih (il principio su cui si basa la Repubblica islamica, ndr) è morto”, urlano in piazza gli iraniani. Per lunedì 28 dicembre è stato proclamato lo sciopero generale. Poi ci saranno altre ricorrenze potenzialmente esplosive, come la fuga dello Scià (16 gennaio) e la vittoria della rivoluzione (1 febbraio). Tra 40 giorni, poi, come da tradizione sciita, saranno ricordate le vittime di questa Ashura di sangue. Potremmo essere solo all’inizio di una reazione a catena.

lunedì 21 dicembre 2009

La morte di Montazeri


La scomparsa del Grande Ayatollah dissidente mobilita l’opposizione in Iran


“Questo regime finirà con Khamenei”. È la profezia lanciata nel 2008 dal Grande Ayatollah Hossein-Ali Montazeri, scomparso il 19 dicembre all’età di 87 anni. Allievo di Khomeini e suo successore designato nel ruolo di Guida Suprema, Montazeri conosce il carcere e le torture sotto lo scià e partecipa in prima linea alla rivoluzione del 1979. Cade in disgrazia quando critica l’establishment iraniano sulle esecuzioni di massa del 1988. Avrebbe potuto tacere per opportunismo, e invece scrive una lettera a Khomeini in cui denuncia torture, abusi e violenze che tradiscono lo spirito originario della rivoluzione. Quella lettera somiglia tragicamente a quella scritta da Karroubi a Khamenei nell’estate del 2009.

Nel 1997, per aver criticato la Guida Suprema Khamenei, Montazeri finisce agli arresti domiciliari. Mette in dubbio l’infallibilità del rahbar, ipotizza un velayat-e faqih in cui la Guida sia sottoposta al giudizio popolare. In questi anni non ha mai smesso di criticare il sistema iraniano e di chiedere profonde riforme in senso libertario. Va riconosciuto a Montazeri di aver saputo fare anche autocritica, come quando lo scorso novembre disse che l’occupazione dell’ambasciata americana del 4 novembre 1979 fu un errore.

Dopo il voto del 12 giugno non si era risparmiato nel sostenere le proteste dell’Onda Verde e aveva emesso una fatwa contro Ahmadinejad. A luglio, dopo la repressione delle commemorazioni di Neda, era arrivato a sostenere che l’Iran non era più né una repubblica né islamica. Di questo bisognerà sempre ricordarlo

La notizia della sua morte, taciuta per ore dalla tv di Stato e invisibile sui principali siti filo governativi, è l’ennesima tappa di una crisi lunghissima. Per i suoi funerali si sono mobilitati i principali esponenti politici dell’area riformista e l’intera giornata è diventata una grande mobilitazione anti governativa. Khamenei ha commentato laconicamente “che Dio lo perdoni”, a confermare una condanna anche post mortem. Perché Montazeri è stato una spina nel fianco di questa sistema da vivo e potrebbe esserlo anche da morto. Ai suoi funerali a Qom hanno partecipato centinaia di migliaia di persone (secondo alcuni addirittura un milione di persone). Alla fine della cerimonia si sono registrati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, con diversi arresti. La folla ha scandito slogan quali: “Oggi è il giorno del lutto", "Montazeri non è morto, lo è il governo”.

È la dimostrazione di come questa protesta trovi nell’Islam e in alcune figure religiose, un elemento identitario e di aggregazione. Montazeri rappresenta forse ciò che la rivoluzione sarebbe potuto essere e non è stata. E può essere ancora una figura di riferimento, un modello di pensiero non esterno alla Repubblica islamica ma alternativo all’attuale establishment.

La macchina della repressione si è già messa in moto: Ahmad Qabel, un religioso allievo di Montazeri, è stato arrestato mentre era in viaggio da Mashad a Qom per partecipare ai funerali. Secondo alcuni siti riformisti, sarebbero stati arrestati anche altri attivisti politici quali Mahnaz Mohammadi e Kuhiar Qabel, e Ahmad Nurizad, ex giornalista del quotidiano ultraconservatore 'Kayhan', ultimamente critico nei confronti del governo.

A Teheran l’Onda verde prepara una grande giornata di proteste. Si preannuncia una settimana molto intensa, con le celebrazioni dell’Ashura (27 dicembre) che potrebbero diventare l’occasione per dimostrazioni di massa in tutto il Paese. Montazeri sarebbe fiero del suo popolo.


mercoledì 16 dicembre 2009

Presentazione a Roma venerdì 18 dicembre


IRAN
La resa dei conti
(pagg. 112, € 11,00)


di ANTONELLO SACCHETTI
Prefazione di Daniela de Robert

Venerdì 18 dicembre ore 18,30
Vista Arte e Comunicazione
Via Ostilia, 41 - Roma

Sarà presente l’Autore

La presentazione avrà luogo all’interno di una mostra espositiva di pitture e fotografie dal titolo “Punti di Vista”, degli artisti: Fatima Abbadi, Manuela Adragna, Francesca Betti, Valentina Crasto, Sabrina Faustini, Miro Gabriele, Cecilia Granelli, Francesco Granelli, Francesca Grilli, Massimo Lagrotteria, Marco Marucci, Sabrina Tomasella, Ilaria Tundo e Stefania Vassura